Cavá, Giovedì Santo 2016
Questa sera sono fortunato!
Dopo tanti e lunghi viaggi nelle scorse settimane per cercare di far arrivare a ognuna delle 6 zone della missione il Sacramento della Confessione in preparazione alla Pasqua, stasera celebro il Giovedì Santo vicino alla sede di Cavá.
L’orario della Messa In Coena Domini rispetta quello della cena della mia gente….e per fortuna che da una settimana è iniziato un po’ di raccolto altrimenti era più rispettoso chiamarla In digiuno Domini. Parto dunque alle 5 del pomeriggio e in poco più di mezz’ora arrivo alla comunità. E’ già buio.
La comunità non è molto grande ma ben preparata e partecipe. I canti, le letture, il ritmo liturgico ci riporta a vivere il mistero eucaristico che Gesù ci ha lasciato.
Giungiamo al momento della lavanda dei piedi. Sono scelte 12 persone che rappresentano tutta la comunità: 4 giovani, 4 donne e 4 uomini. Il gesto è reale, autentico, vero! Nessuno di loro arriva con scarpe o calze, quando va bene un paio di infradito rotte e nessun profumo di sapone. I piedi sono sporchi per davvero e il gesto del lavare ha significato.
Vedo da vicino i piedi della mia gente…è sempre un pugno allo stomaco e un urlo al mio cuore. Tocco, lavo, accarezzo quei piedi e ne sento la vita intrisa di fatiche e sofferenza. Mi sento ingiusto e in colpa perché dove sono nato io non si incontrano piedi così. Piegato in due davanti ai miei cristiani, la mente e l’animo ripercorrono il vero significato della mia vocazione missionaria. Quante volte non sono stato capace di inginocchiarmi davanti alla mia gente? Troppe volte sono rimasto in piedi, dritto, sicuro di me! Troppe! Scusa, Signore!
Per tutto il tempo della lavanda, mentre passo le mie mani sui piedi giovani e meno giovani dei miei cristiani non posso fare a meno di pensare all’esistenza di questi piedi. A mano a mano che passo da uno all’atro e che ne vedo colare la polvere nella bacinella sono bombardato da tante immagini di dove questi piedi possono essere passati.
Come bianco occidentale e igienista penso subito a quanto sporco hanno pestato e quanti tipi di funghi o parassiti potrebbero avere. Forse qualcuno è pure uscito da poco dalla latrina dove ha espletato i suoi bisogni o magari ha pestato qualche escremento venendo sul sentiero fino alla cappella.
Chissà quanti suoli hanno pestato questi piedi?
Questi piedi percorrono i pochi metri quadrati di terra battuta di una capanna dove ogni giorno la gente si misura con la vita e la morte.
Sono i piedi delle donne che il giorno prima hanno pestato la terra del cimitero per seppellire un neonato che non c’è l’ha fatta ad entrare in una vita così dura e ha scelto la via breve.
Sono i piedi tagliati e feriti dei giovani che tutte le mattine al sorgere del sole sono già nei letti di fiumi a scavare alla ricerca di oro dimenticandosi della scuola.
Sono i piedi della mia gente che in questi giorni pestano il suolo dei loro campi come se camminassero in una Cattedrale antica da cui possono ricavare ogni sorta di grazia.
Sono piedi che hanno camminato tutto il giorno per visitare un familiare ammalato e che non si sa nemmeno che malattia abbia perché qui il sistema sanitario aiuta solo a morire.
Sono i piedi di chi in questi giorni si è recato al mercato per comprare farina o riso ma è tornato a mani vuote perché i prezzi sono duplicati e sono inaccessibili.
Sono i piedi degli anziani che qui in questa società ancora contano perché dispensatori di saggezza e i giovani si siedono ai loro piedi per imparare a vivere.
Sono i piedi di qualche mio catechista che percorre decine di chilometri a piedi per venire alle formazioni.
Sono i piedi di qualche ragazzina di sedici anni che si porta in braccio un figlio di un anno.
Sono anche i piedi di chi questa sera non è qui in cappella perché ha abbandonato la fede.
Sono i piedi di chi non è venuto alla celebrazione perché in casa distilla vino o è preso da altri affari più importanti.
Sono i piedi di tanti altri mozambicani che vivono la precarietà di un momento che li sta strangolando.
Sono i piedi dei guerriglieri che ogni giorno al centro del paese attaccano e riducono in cenere postazioni governative.
Sono piedi giovani di truppe di soldati che muoiono ancora prima di avere dei calli.
Sono piedi di chi occupa di corsa e di notte posizioni strategiche nella geografia del paese per rovesciarne il governo.
Sono i piedi vellutati, profumati e avvolti in scarpe di pelle da 400 euro dei politici che decidono il destino di tanta gente.
Sono i piedi feriti e insanguinati dei rifugiati in Malawi fuggiti di corsa, di notte, attraverso la savana.
Sono anche i nostri piedi di “bravi” cristiani e politici europei di cui mostriamo il calcagno perché ce ne stiamo tranquillamente girati dall’altra parte e in Mozambico ci veniamo solo per una breve vacanza o per venire a vendere le azioni dell’Eni.
Sono i piedi dei nostri Vescovi italiani ed europei che hanno ancora poca generosità verso questi piedi che sto lavando e che hanno paura di “sacrificarvi” vocazioni!
Sono i piedi di quei cristiani che in questi giorni espleteranno il precetto della Messa pasquale magari facendo pure l’elemosina sentendosi “a posto” col mondo intero.
Intasandomi la mente da mille pensieri arrivo a lavare i piedi dell’ultima persona e mi risveglio come se avessi fatto un volo immaginario sul mondo intero staccandomi da quella piccola cappella di Kireheni. Mi alzo, mi tolgo lo straccio di cui mi ero cinto e lo sguardo mi cade sui miei piedi… Ironia della sorte, i miei piedi nudi nei sandali sono bagnati da gocce di fango cadute dalla bacinella e hanno preso il colore dei piedi della mia gente. In quel momento capisco il significato della lavanda dei piedi…
Lavare i piedi alla mia gente vuol dire prenderne lo stesso colore senza paura di rimanere intrisi del “fango” della gente. Ecco l’anno della Misericordia voluto da Papa Francesco! Farsi carico del fango altrui!
Auguro a tutti voi di poter vivere una Pasqua intrisa/infangata di umanità ferita per portarla alla Resurrezione di Cristo!
Buona continuazione del Triduo Pasquale e Buona Pasqua! P. Silvano